In questo articolo ci occupiamo di quello che interessa l’Italia e quindi di come funziona l’etichettatura per i vini italiani.
Un po’ di storia
Tutti sanno dell’antichissima origine del vino, forse in pochi, però, sono a conoscenza dell’altrettanto antica storia dell’etichetta del vino. Proprio così. Anche l’etichetta, nella sua forma ancestrale, ha origine in tempi lontani, molto lontani.
Secondo alcuni studi condotti sulle anfore ritrovate nel corredo funerario della tomba del faraone Tutankhamon, è proprio da qui che proviene il primo esempio di etichettatura del vino. Si tratta di iscrizioni compiute direttamente sui contenitori di terracotta in cui si conservava il vino nel mondo antico, ma la cosa più sorprendente è senza dubbio il tipo di informazione che queste iscrizioni contengono. Si leggono frasi come “Anno 4 per la casa di Tutankhamon”, oppure “vino dei possedimenti di Tutankhamon”, o ancora “Vino di buona qualità dei possedimenti di Aton”.
Impressionante! Le antiche iscrizioni egizie riferiscono sull’anno di produzione, sul luogo di provenienza del vino o addirittura sulla qualità dello stesso. A quanto pare anche per gli antichi era importante segnarele anfore (come noi in qualche modo segniamo le bottiglie con le etichette) per identificare in modo certo il loro contenuto con informazioni d’immediata comprensione.
Dopo gli antichi Egizi arriva il tempo dei Greci e dei Romani, e anche in questo caso le anfore sono incise con il nome del vino o il luogo di provenienza. La stessa cosa si farà più avanti sulla botte di legno, almeno fino al ‘600, quando inizia a diffondersi l’uso della bottiglia di vetro.
Le prime etichette sono scritte a mano e il loro valore è chiaro: l’etichetta rappresenta il certificato di garanzia del prodotto, assicura al consumatore che sta acquistando proprio quello che ha richiesto.
Etichetta attuale
Non si ha certezza assoluta, ma pare che si debba attribuire allo champagne il primato sull’etichetta: c’è chi dice che le prime siano state quelle di Claud Möet (l’odierna casa Möet&Chandon).
D’altra parte, è solo con l’invenzione della litografia nel 1796 che iniziano a comparire sulle bottiglie etichette stampate tutte uguali. Da qui in poi sarà un crescendo di fantasia e prestigio per l’elaborazione della grafica di etichetta fino a quando nel 1950 si pone fine all’estro creativo e si impongono maggiore sobrietà e informazioni quasi didascaliche.
In Italia le primissime etichette vengono apposte su vini piemontesi e siciliani e l’introduzione della controetichetta si deve al Conte Giulio della Cremosina che attacca questo quadratino sul retro della bottiglia del suo Nebbiolo con l’anno della vendemmia, l’anno dell’imbottigliamento e qualche veloce descrizione sulle tecniche enologiche. Siamo all’inizio dell’800.
Oggi quello che leggiamo sulle etichette e sulle controetichette delle bottiglie è strettamente regolamentato da norme comunitarie e nazionali, che sanciscono l’uso di alcune indicazioni obbligatorie e regolano l’inserimento di informazioni facoltative.
Come ti abbiamo accennato, le informazioni presenti nell’etichetta della bottiglia di vino variano in base alla Legge di ciascuna Nazione. Tuttavia, esistono alcuni dati condivisi dalla maggior parte dei Paesi. Vediamo subito le indicazioni più comuni:
Indicazioni facoltative:
Fatto salvo per queste regole, ogni produttore può scegliere di dare alla propria etichetta una veste più o meno sofisticata. Sembra che le ultime mode tendano in due direzioni opposte: da una parte il ritorno al passato che trionfa in etichette vintage sulla scorta di un più ampio movimento di “ritorno al passato” che ha investito diversi settori negli ultimi quindici anni; dall’altra il minimalismo, l’essenzialità, quasi a voler dire che ciò che conta veramente è dentro la bottiglia e non fuori.
Certo è che qualunque sia lo stile estetico adottato, l’etichetta oltre ad essere l’abito della bottiglia, ha un’indubbia quanto fondamentale funzione di marketing… ma questa è un’altra storia!
grazie: www.winebiowine.com
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