Il Julep è tipicamente un drink degli Stati Uniti del sud. Jerry Thomas non mancò di scrivere che negli Stati del Sud era il drink più popolare. Tra i bartender del sud ve n’erano molti di colore, già schiavi afroamericani. Il Julep non era ancora un drink solitamente consumato sulle verande delle case coloniche nelle piantagioni dei coto- ne, inizialmente era piuttosto un drink da grande albergo di città, costiero e diffuso nei resort estivi. Questo perché erano posti dove si poteva trovare facilmente del ghiaccio. Tutto ciò prima che il Julep fosse associato al Kentucky Derby. Cincinnati.
Ohio, 1892: L’Atlas Hotel aveva solo 18 camere da letto e un bar magnifiamente ornato che nel giorno della sua apertura accolse ben 3.000 persone. Pochi mesi dopo, a inizio 1893, il proprietario, Frank Beck, decise di licenziare il suo bartender per scarso rendimento e trascuratezza sul lavoro. I saloon del tempo impiegavano molto personale di colore, la maggior parte di essi non accettava clienti di colore, il servizio era loro rifiutato. Anche dopo la fine della schiavitù le cose non cambiarono in fretta. Vi erano i cosiddetti “Black and Tans” saloon dove si poteva trovare clientela mista, di proprietà nera o bianca, poco sicuri e malfamati, quasi sempre posizionati nei quartieri urbani più difficili o nelle zone di frontiera; oppure i battelli fluviali del Mississipi sui quali i neri erano impegnati al bar.
La scelta del sostituto fatta da Beck ricadde su Louis Deal, un cameriere giovane, elegante, e con una esperienza da bartender. In una intervista a un giornalista del Cincinnati Enquirer Franck Beck confessò «Louis mi dà soddisfazioni come nessun’altro nel suo posto. Ci sono bartender di colore anche in città come Chicago, Cleveland e Boston. Rimarrà con me sino a quando vorrà». La notizia era che Deal era un ragazzo di colore. La notizia di questa “anomala” assunzione era stata riportata dal giornale con un certo sensazionalismo pur definendo il giovane Deal “a ne looking coloured man”.
A Cincinnati si diffuse risentimento nella comunità dei bartender, bianca, verso la scelta di Franck Beck di assumere una persona di colore come bartender. Lui era bianco, il suo bar frequentato da una clientela bianca. I bartender bianchi iniziarono una campagna di bicottaggio contro Beck invitando i clienti a non frequentare il bar dell’Atlas House Hotel. Per Beck questo fu un problema sin da subito con conseguenze sociali ed economiche. Uno dei bartender più conosciuti della città, George Bear della Gibson House, diede un minaccioso ultimatum a Beck. Doveva sostituire il bartender o in città sarebbero stati affissi 100.000 volantini che avrebbero suscitato clamore sul fatto che l’Atlas Hotel fosse l’unica struttura di lusso della città che impiegava un uomo di colore come bartender. Qualche tempo dopo Beck fu costretto dalle circostanze a licenziare Deal. Tuttavia questo non bastò a salvare il suo bar dal fallimento e dalla vendita all’asta. Il bar chiuse due mesi dopo la partenza di Deal che tornò a fare il cameriere.
La Virginia ha una grande tradizione di bartender di colore. West Virginia, a Sweet Springs, riapriva come consuetudine un resort stagionale chiamato “The Old Sweet”. Apriva ogni anno sin dal 1833, fatta eccezione per quelli della Guerra Civile. Era un luogo di riposo e vacanza per i notabili di Richmond, tra cui, anche il Generale Robert E. Lee dell’ex esercito confederato. Il bartender era John Dabney, grande specialista del Mint Julep insieme a Jim Cook, entrambi di colore e nati schiavi. I bartender di colore del sud avrebbero guadagnato grande fama con i loro Mint Julep. La loro abilità divenne la forma per guadagnare autonomia e riscatto sociale. Di Jim Cook rimangono pochissime tracce.
John Dabney nacque nel 1824, “comprato” bambino da Cara Williamson De Jarnette che voleva farne un fantino. Quando John era ormai troppo cresciu- to per essere un fantino fu mandato a lavorare come bartender al Richmond Hotel gestito dai Williamson. Per tutta la sua vita, anche dopo la liberazione dalla schiavitù, si prese cura dei bianchi divenuti suoi clienti.
La Guerra Civile americana che decretò la ne della schiavitù (1861-1865) era ancora lontana dal venire. Nel 1850 John Dabney e Jim Cook lavoravano entrambi al Ballard House. Al tempo esisteva la pratica illegale secondo la quale gli schia- vi potevano avere una piccola attività non dichiarata uf cialmente, autoassumersi e darsi uno stipendio che consegnavano al loro padrone in cambio di piccoli benefit per se stessi. In effetti si trattava di una proprietà bianca mascherata. Anche John Dabney e Jim Cook avrebbero fatto così. Nel 1850 Cook e Dabney lavoravano al Ballard House Hotel di Richmond. Le loro specialità erano il Julep e la zuppa di tartaruga. Erano bravi nel relazionarsi con la clientela e un giorno mandarono un vassoio con zuppa e Julep al direttore del Richmond Whig. Che ricambiò con un endorsement di grande rilievo.
I Julep di Cook e Dabney erano di una fattura elevata e diversa, guarniti con ori e frutta. Si diffuse il “Julep alla Dabney”; una grande silver cup incrostata di ghiaccio dalla quale sorgeva una piramide di ghiaccio modellata per forme e gure. Un artista del ghiaccio, dissero le cronache del tempo.
Nel 1860 il Principe di Wales, Edward, figlio della Regina Vittoria e futuro Re Edward VII si recò in viaggio negli USA, Il diciannovenne principe alloggiava all’Exchange Hotel che divideva il ristorante con il Ballard Hotel. Lo stesso hotel dove sarebbero morti John Tyler, 10° Presidente degli USA e, 25 anni dopo, sua moglie. Fu Jim Cook a recarsi all’hotel del principe con una pinta e mezza di Julep. Il principe lo assaggiò e ne chiese subito un altro per sé e per i suoi assistenti, il Duca di Newcastle, Earl St Germaine, e il Maggiore Generale Bruce. Chiese di averne un altro per il mattino successivo. Jim Cook preparò allora un Julep gigante in una mug dalla quale si ergevano 13 cannucce metalliche, una per ogni componente del party reale. Edward ricambiò Jim con 20 dollari in monete d’oro.
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